
La pratica del Tai Chi nell’antichità
L’importanza del Taijiquan e della sua pratica è nota da molto tempo, anticamente veniva svolto regolarmente all’aperto, nei cortili delle famiglie dei vari clan di appartenenza, in ampi spazi, radure o nelle piazze.
La pratica era sì per mantenersi in buona salute ma soprattutto era una pratica marziale utilizzata a protezione della famiglia e dell’intero villaggio.
La pratica del Tai Chi oggi
Oggi la pratica del Taijiquan ha una diversa valenza, acquisendo sempre maggiormente un aspetto terapeutico e come sostegno al benessere della persona, l’allenamento di conseguenza si svolge in palestre pubbliche, all’interno di scuole di arti marziali (dojo), nei parchi cittadini o a casa propria.
Per questo motivo le ore dedicate alla pratica vengono regolate dai ritmi sociali e lavorativi individuali.
Quando praticare il Tai Chi
Il Taijiquan è una disciplina basata sull’ordine e che trae beneficio nell’essere praticata in modo ordinato sia nei tempi che nelle modalità di allenamento.
Tradizionalmente le ore prima dell’alba o quelle successive venivano dedicate alla pratica, momento di transizione di inizio della giornata, della notte in giorno, momento nel quale avviene un importante cambio energetico; è pertanto naturale che una pratica di trasformazione come il Taijiquan avvenga in tali momenti di cambio. Stesso discorso può essere fatto nel momento del tramonto del sole dove il giorno si trasforma in notte.
Le trasformazioni avvengono lentamente, nel corso della giornata, ci vuole del tempo affinché dal buio si passi alla luce e che lentamente la luce torni al buio. Molte sono le sfumature, nulla è immediato, così avviene nel praticare il Taijiquan, una lenta e graduale trasformazione: la rigidità diventa flessibilità, il duro diventa morbido.
Questa alternanza, del mattino e della sera, perciò diventa il miglior momento per esercitarsi, se lo stile di vita e i vari impegni lo permettono, altrimenti si può trovare un momento giornaliero e mantenere quotidianamente uno spazio di tempo fisso e costante dedicato alla pratica.
Il tempo per la pratica è tempo per sé, tempo dedicato esclusivamente a se stessi e all’esercizio, questo produce e regolarizza il ciclo energetico, ascoltarsi diverrà naturale scorrendo la voglia e l’occasione per allenarsi.
Far parte di una scuola, o di un gruppo di pratica, con orari prestabiliti giornalieri e luogo fisso ci aiuta a mantenere la cadenza di allenamento, la marzialità e l’ordine, l’allenamento inizia nel preparare la borsa contenente gli indumenti per praticare e dura per tutto il tempo che impieghiamo per arrivare prima dell’inizio della lezione, il tempo della lezione stessa e termina con il ritorno a casa.
La scelta dello spazio dove praticare
Pratica in casa
Per la pratica in casa avere cura nel scegliere una stanza dove ci si senta a proprio agio e non sia molto frequentata, un terrazzo una mansarda, se possibile con una finestra in modo da poter arieggiare prima e dopo la pratica, senza troppe apparecchiature elettroniche, e oggetti che ci distolgano l’attenzione, praticare rivolti sempre alla stessa parete.
Tradizionalmente il Nord viene indicato come direzione a cui rivolgersi per la pratica, la direzione dove si trova la stella polare che rappresenta la suprema polarità, come nella definizione del Taijiquan (boxe del polo supremo, o boxe della suprema polarità).
Pratica all’aperto
Praticare all’aperto per chi ha la fortuna di avere un giardino o uno spazio erboso, evitando di mettersi vicino a tralicci e cavi elettrici, a sorgenti troppo rumorose, in luoghi troppo ventilati, scegliere dunque un luogo tranquillo, ombreggiato in prossimità di un albero, o vicino a un corso d’acqua o un laghetto.
Praticare in riva al mare o davanti a una montagna, quando ci è possibile, al sorgere o al tramonto del sole, tenendo presente gli stati emotivi e d’animo, considerare anche l’ora di pratica per scegliere se guardare o dare le spalle a secondo di come vi sentite.
Se al mattino abbiamo bisogno di caricarci e prendere forza dal sorgere del sole praticheremo entrando in “contatto” con la sua forza che si irradia esercitandosi nella sua direzione, altresì se troppo carichi e sentiamo il desiderio di svuotarci dal peso della giornata la pratica si svolgerà “guardando” il sole che tramonta, e con lui ci sentiremo alleggeriti dalle tensioni.
Così se osservando la vastità del mare percepiamo una piacevole sensazione, pratichiamo come se facessimo parte delle onde del mare, in uno scambio reciproco, nel praticare ai piedi o sopra una montagna, l’ascolto di se stessi è ciò che ci guida per la posizione in quel momento per praticare, nessuna regola rigida a cui sottostare, ma libertà e percezione, in simbiosi con ciò che ci circonda e nel quale siamo immersi.
Tutto è collegato sottilmente e energeticamente, fuori e dentro, ciò che accade dentro di noi è in relazione con quello che avviene fuori, la divisione scompare e con il sorgere e il calar del sole, l’energia dentro di noi muta.
Per questo motivo, evitare di praticare in presenza di temporali o eventi climatici forti, piogge, vento forte, tempeste, nelle ore di sole intenso, ma preferire zone ventilate dolcemente e ombreggiate con presenza di alberi, in prossimità di corsi d’acqua.
Come affrontare le sequenze di Tai Chi Chuan (Taijiquan)
Nella pratica dello svolgimento della sequenza, inizialmente torna utile mantenere sempre una frontalità e terminare la sequenza nello stesso punto di dove si è iniziato, col tempo si progredirà nella comprensione e potremo svolgere la sequenza dalla parte opposta, e ascoltando cosa succede dentro di noi, fino quando avremo una consapevolezza del centro e della nostra posizione rispetto alla posizione iniziale.
A questo proposito il mio primo maestro di Taijiquan mi faceva eseguire la sequenza per quattro volte e a ogni inizio della sequenza mi faceva cambiare direzione rispetto ai punti cardinali di riferimento, questo si rivelava utile per acquisire consapevolezza del mio centro, rispetto all’asse terrestre indipendentemente dai punti di riferimenti esterni.
Un secondo maestro, mi faceva eseguire la sequenza, con gli occhi sia aperti che chiusi, anche questa modalità oltre che a offrire varie percezioni interne, metteva in risalto la capacità di terminare l’esercizio nello stesso punto di partenza.
Sono strategie per interiorizzare in noi le influenze dei poli terrestri e aver una migliore percezione terrestre come sentire il nord; debbo dire che con la pratica assidua questa percezione si raffina e il nord diventa maggiormente percepibile.
Durante la pratica evitare di farsi trasportare altrove dai problemi, aspettative, timori, ansie paure, cercando di essere presenti completamente a quello che si sta facendo.
Evitare di praticare dopo aver mangiato abbondantemente, ma nemmeno essere a digiuno, evitando di venire distolti dal senso di fame, dai bisogni fisici, o dall’uso di alcool, di droghe, medicinali, intossicanti in genere, anche quelli emotivi come l’eccesso di gioia o di collera, di tristezza, (il mio consiglio è che se si è tanto preoccupati è meglio rimandare l’allenamento) indossare indumenti di fibre naturali, larghi e comodi che non stringano, evitare orologi e braccialetti, collane e ogni oggetto metallico di abbellimento, spegnere i cellulari.
Le origini della divisa del Tai Chi Chuan (Taijiquan)
In Cina le persone praticavano con gli abiti che indossavano giornalmente, che rispecchiavano lo stato sociale di appartenenza, pertanto le uniformi dei militari e le vesti per i dignitari di corte venivano realizzate a mano e con tessuti pregiati, ed erano costose, per cui la gente povera non poteva permetterselo.
Tradizionalmente gli abiti dei monaci buddhisti che oltre la meditazione si dedicavano alla pratica delle arti marziali, venivano realizzati in seta, e furono proibiti ai contadini fino al XVII secolo, motivo per il quale la gente comune usava abiti realizzati in cotone o materiali meno pregiati. In seguito la divisa del monaco divenne simbolo della pratica delle arti marziali.
Con la diffusione di massa del Kung Fu e le derivazioni sportive del Wu Shu moderno, le uniformi per la pratica si sono diversificate nella fattura nei colori e nei materiali usati.
I colori prevalentemente usati sono quelli naturali che rispecchiano le sfumature della terra, o rappresentativi di una scuola, colori accesi e forti come rosso o giallo/oro (colore usato negli abiti da cerimonia dell’imperatore) sono poco usati, il grigio e nero erano i colori usati dalle comunità taoiste riservati ai sacerdoti e monaci.
Oggi i colori maggiormente usati dalle scuole di taijiquan sono il bianco e il nero.
Alcune scuole cambiano il colore della divisa secondo le stagioni: nero per l’inverno e bianco per i periodi caldi, altre scuole usano pantaloni neri e giacca bianca col tipico coletto a fascetta e alamari per la chiusura.
I materiali usati per realizzare la divisa sono scelti in base al clima del luogo di pratica, se si è al nord o al sud e al periodo nel quale si pratica, tuttavia la seta rimane il materiale usato in gran lunga, per la sua leggerezza, morbidezza e preziosità.
La diffusione delle arti marziali cinesi in occidente, ha fatto in modo che questi indumenti venissero adottati come uniformi, per riconoscerle dalle scuole marziali di matrice giapponese nelle quali il kimono è da sempre la veste utilizzata.
Il tessuto del uniforme varia a seconda del luogo di pratica nord/sud e al periodo climatico estate/primavera, la linearità semplicità e comodità contraddistinguono l’abito da pratica (YiFu), l’uniformità dell’abito maschile con quello femminile evita distrazioni dalla pratica.
Le divise del Tai Chi Chuan (Taijiquan) oggi
Oggi le diverse esigenze, la moda e la ricerca di un abito esclusivo hanno generato una divisione in abiti maschili e femminili, impreziositi da ricami e colori vistosi, modelli sempre più raffinati ed elaborati, abbandonando sobrietà e uniformità, contraddicendo l’idea iniziale di semplicità, pertanto si corre il rischio è di dare importanza al abito tralasciando l’attenzione nella pratica. Probabilmente una volta il monaco lo si distingueva dal suo comportamento ma anche dal suo abbigliamento.
A coloro che non appartengono a una scuola, non avendo una divisa per praticare basterà indossare una semplice tuta ginnica e comode scarpette da ginnastica.
Le calzature del Tai Chi Chuan (Taijiquan)
Le varie calzature utilizzate, oggi come in passato, venivano determinate dal terreno sul quale si svolgevano gli allenamenti. Per le arti marziali cinesi sono di tela resistente a pianta larga, con un piccolo rialzo nella zona del tallone, per mantenere un corretto allineamento della struttura corporea, mentre nelle arti marziali giapponesi gli allenamenti si fanno a piedi nudi, dato che prevalentemente si svolgono all’interno di un edificio, su un pavimento di legno o un tappeto di paglia di riso (tatami).
L’importanza della natura nella pratica
Un’attività di trasformazione, come è questa disciplina coinvolge ogni parte organica, sottile e materica. una pratica, quella del taijiquan che ci permette di percepire i vari cambiamenti interni e quelli esterni, quelli della natura, nella sua ciclicità, una simbiosi che unisce in un collegamento colui che pratica con l’ambiente circostante: la vita con la sua espansione e condensazione, l’alternanza di giorno e notte, del caldo e del freddo, il mutare delle stagioni.
C’è una corrispondenza tra il macro-cosmo e il micro-cosmo, il “pilastro del cielo” ha riferimenti interiori nella testa e nella zona dell’ombelico, ci sono analogie tra paesaggio interiore ed esteriore.
Praticare è semplice, non c’è bisogno di nulla, basta avere la voglia di farlo, osservando la bellezza nel contatto con la natura circostante, in accordo con il continuo mutare, il canto degli uccellini, i vari profumi provenienti da fiori e erbe aromatiche è impagabile e può arricchirci interiormente.
In uno dei viaggi a casa del mio maestro in Cina, mi accompagnò a praticare, e mi disse «Vedi questo parco questi grandi alberi, ci pratico ogni giorno da quarant’anni e prima di me il mio maestro e prima di lui il suo maestro, qui tanto tanto tempo fa la terra era arida e brulla, ora ci sono rigogliosi alberi che danno ombra, un laghetto e molta gente che frequenta il parco, e io continuo a praticare.»